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ARCHEOLOGIA E PREISTORIA Tra le
molte abilità richieste allo speleologo c’è anche quella di sapersi
trasformare all’occorrenza
in archeologo. Le grotte sono infatti sedi privilegiate di informazioni
sull’uomo antico e racchiudono situazioni particolarmente favorevoli per
la raccolta e lo studio di tali informazioni. Lo speleologo dunque, a
qualsiasi titolo svolga la sua attività, è investito a questo riguardo
di responsabilità precise e delicate. In tutta
la sua storia, fino a tempi recenti, l’uomo ha utilizzato le cavità
naturali a scopo di ricovero, stalla, dimora, sepoltura, ecc. . Anche in
assenza di frequenza stabile all’interno, spesso le cavità hanno
funzionato da “trappola” naturale, assorbendo i resti e conservandoli;
resti non solo umani o animali, ma anche ogni sorta di tracce della vita
che si svolgeva nell’ambiente esterno; cosi troviamo preziosi
“campioni” di paesaggi esterni scomparsi l’uno dopo l’altro. La
considerevole importanza delle cavità naturali per lo studio dell’uomo
antico deriva da quattro fattori principali: poiché le cavità hanno
sempre attirato uomo ed animali, è molto probabile che questi vi abbiano
lasciato tracce, ed è probabile che queste tracce siano relativamente
condensate nello spazio; A causa dei processi di riempimento che
interessano le cavità, ciò che è avvenuto o finito in grotta ha avuto
più probabilità di andare sepolto e quindi di conservarsi; e si è
potuto conservare in successioni ordinate cronologicamente
a causa delle stratificazioni che vengono originate dai riempimenti
successivi; evitando o riducendo l’azione degli agenti meteorici, gli
ambienti di cavità conservano meglio i reperti Le cavità
sono siti di facile individuazione, esattamente localizzati e circoscritti
nello spazio, di conseguenza i loro depositi sono più esposti alla
possibilità di scoperta ed indagine. L’uomo
utilizzò raramente le zone più interne delle cavità, o solo per motivi
rituali, per lo più era scelta come sede stabile la zona
d’ingresso o vestibolare, naturalmente più luminosa ed asciutta; tali
aree potevano essere adattate e regolate termicamente mediante strutture
di pelli su pali o simili. Quindi la presenza di manufatti in zone interne
va intesa come deposito conseguente a erosione o trasporto svolto da acque
che agirono su depositi
archeologici esterni. Non a
caso si insiste sui depositi sulla terra come archivio delle vestigia
dell’uomo. Solo in casi del tutto eccezionali le cavità possono
rilevarsi interessanti su ciò che portano sul loro involucro roccioso, cioè le pareti e la volta. Lo speleologo archeologo deve quindi abituarsi a vedere le
cavità come deposito di riempimento. I
depositi di cavità vanno affrontati solo quando è necessario,
possibilmente nell’ambito di programmi precisi e con la disposizione a
dedicarvi molto tempo; Ciò è ancora
più valido se vi si presume un potenziale archeologico. Chi si
ritenesse nella necessità di procedere ad un intervento entro un deposito
di grotta, deve seguire le precise modalità
di scavo scientifico. L’impostazione di uno scavo va decisa in base alle
esigenze poste dal deposito e
agli specifici problemi alla cui soluzione lo scavo è diretto. Compito preciso di chi scava è quello di smontare un deposito in modo da capirne l’origine e il rapporto fra le parti, quindi un modo da poterlo ricostruire ed interpretare. Il terreno di scavo deve essere delimitato e suddiviso in quadranti di m1 di lato al massimo, in modo da poter identificare il deposito in base a un sistema di assi cartesiani nelle tre dimensioni, e quindi poter riportare in mappa con la massima precisione la posizione di ogni singolo reperto. L’opera manuale di scavo va limitata al minimo indispensabile e condotta da persone ben addestrate . Anche in condizioni difficoltose il contatto con il terreno di scavo deve essere ridotto al minimo; calpestio ed alterazioni vanno evitate mediante impalcati o assicelle. La caratteristica più originale e più grave di uno scavo è che si tratta di un metodo altamente distruttivo; esso deve quindi produrre la massima quantità di informazioni valide e tradurle in una documentazione razionale e permanente. Vanno presi appunti e tracciati schizzi e piantine livello per livello (un livello ha spessore centimetrico), in modo da avere, alla fine dello scavo, decine di piantine e profili che traducano l’intero deposito e servano da mappa. In ogni caso, bisogna affrontare uno scavo tenendo presente che si distrugge qualcosa che andrà perduto per sempre, senza peraltro lasciarsi prendere da timori paralizzanti. Stefano Mortari
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