Punta Castore II
di Beseka

      Bene, mai stanchi di metterci nei guai, siamo in pista per finire il lavoro lasciato a metà nel Giugno scorso. E’ il  mese di Settembre  e la stagione è ancora propizia per tentare il più facile 4.000 delle Alpi, Il Castore. Questa volta però, l’allegra brigata è al completo. I Bobbies brothers,  Max Pericolo accompagnato da  uno svizzero tedesco, “che non parla neanche bene l’italiano ma si vede che si fa capire bene quando vuole”,  che non è mai stato in montagna e che ha  acquistato un paio di scarponi nr.48 con lo scafo in plastica a Lit. 15.000 in saldo,  circa un quarto d’ora prima della partenza.  Completiamo il gruppaccio io, Eli e Giulio, MaxService  ed Adriano che da questo momento comincerò a chiamare Hunga per comodità. La salita al rifugio ricalca quella del tentativo precedente (vedi primo racconto), anche se il clima è decisamente più mite. Il crestone che porta al rifugio si rivela infine in tutta la sua bellezza e  con queste condizioni meteo  ha un aspetto decisamente meno inquietante. Arrivati al rifugio Quintino Sella, comincia subito una allegra  “baraccata”  con moderato consumo di alcolici, barzellette volgarissime ed altre amenità. La notte trascorre tra mal di testa collettivi e  rumori  tra i più svariati (meglio non indagare). Al mattino, appena svegli, non siamo propriamente dei fiorellini da poco sbocciati. Rapida colazione ed alle 5,30 circa ci ramponiamo per inerzia. La giornata si preannuncia spettacolare  fin dall’alba e la vista del ghiacciaio inondato dai tiepidi colori del sole nascente, ci invita a percorrere metri su metri di dislivello,  a ritmi estremamente sostenuti. Le cordate si susseguono come un lungo serpente che si snoda tra i ghiacci. Certo mi sarei aspettato un ambiente un po’ meno frequentato. Io ed  Hunga, pigrissimi come sempre, siamo tra gli ultimi a partire e questo ci costringe a continui sorpassi che, a questa quota, si rivelano estremamente faticosi.  Dopo circa mezz’ora di salita,  raggiungiamo la cordata MaxService & Bobbies brothers.  Il fratello maggiore, che fino al giorno prima aveva collezionato fra le sue salite: la montagnetta di S.Siro, otto piani di scale consecutivi ed un giro sulla ruota al luna park dell’idroscalo, è stato vittima di una delle situazioni

più incresciose che ti possano capitare in una landa desolata con visibilità  del 200% a 360 gradi per un raggio di almeno 2 Km, con altissima concentrazione di  alpinisti: lo scolo merdoso.  Lo sfortunato tapino è sparito verso seracchi lontani, in cerca dell’intimità necessaria per dare sfogo alle sue necessità ed ovviamente, io ed Hunga  approfittiamo subito della situazione per lanciarci verso la vetta prima dei nostri compagni. Il percorso è tecnicamente semplice, sicuramente alla portata dei più ed  oltre una certa quota, si snoda su comode creste estremamente panoramiche ma mai pericolose. Quando arriviamo in prossimità della vetta, il sole martella senza pietà le nostre zucche vuote. Ed è qua che ci attende la sorpresa. A separarci dalla sommità della montagna, è  una affilatissima cresta lunga circa una ventina di metri, con ai due lati “il mondo intero” visto dall’ alto. Non era nel contratto. Si, perché se ti dicono che vai a fare il più facile 4.000 delle Alpi, non si capisce perché  per arrivarci devi  percorrere  un tratto aereo che, per quanto breve, ti può ricongiungere ai tuoi amati antenati!  Purtroppo o fortunatamente non ci concediamo il tempo di  pensarci su e senza troppi convenevoli ci avviamo in conserva lungo la lama. Com’è, come non è, riusciamo a far si che i nostri piedi  si diano il cambio con la precisione richiesta per quel centinaio di movimenti richiesti e ci ritroviamo quindi a festeggiare dopo circa 3 minuti in vetta al Castore. Veniamo raggiunti da Bob Rock (il fratello è  stato abbandonato al suo destino lungo il percorso), e dal mitico MaxService. Foto ricordo ed il resto è storia.  Altro shock adrenalinico nell’attraversare il  panoramico tratto che ci separa dal nostro comodo ghiacciaio e via di corsa (si fa per dire), in discesa.  Non siamo ancora a valle che abbiamo già pianificato le prossime 187 ascensioni, distribuite nei prossimi 15 anni. Che palle!

 

Beseka  

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