AVVENTURA SUL MONTE BIANCO
Di  Magilla

I nomi contenuti nel racconto sono inventati, ma i fatti descritti sono decisamente reali

Lidea di conquistare la vetta della montagna più alta d’Europa è nata diversi anni fa.  In quegli anni solcavo sentieri e ghiacciai in compagnia di un amico di nome Filippo, che i casi della vita (sua) hanno portato a non frequentarsi più. Sta di fatto che assieme a lui ho scoperto la montagna d’alta quota iniziando a programmare le salite di alcuni  “quattromila”.

 Il primo di questi quattromila è stato una classica che più classica non si può: la Punta Gnifetti mt. 4.554 sul monte Rosa, dove sorge il rifugio Capanna Regina Margherita che, come tutti gli appassionati di montagna sanno, è il rifugio più alto d’Europa.  Avevo già fatto un tentativo due anni prima in compagnia di un altro gruppo di persone, tentativo però fallito per colpa del maltempo. Le esperienze successive mi hanno fatto capire che a volte non si riesce a salire queste cime, seppur relativamente facili, al primo tentativo; a queste quote non si scherza e bisogna sempre ricordare che la montagna non perdona.  Oltre alla preparazione è sempre indispensabile una buona dose di fortuna.

L’idea del Monte Bianco con Filippo è nata dopo aver passato un’estate che, oltre alla Punta Gnifetti che ha coronato la stagione, ci ha visti portare a termine varie escursioni oltre i 3.000 metri in vari gruppi montuosi e fallendone altre come ad esempio l’unico 4.000 tutto in territorio italiano: il Gran Paradiso (nessun problema, è tutto allenamento). Decidemmo di prepararci bene per l’anno successivo pensando di fare più  4.000 possibili prima di affrontare il Bianco e tenendoci in attività durante l’inverno.

 Passa un anno e la preparazione (mia, in quanto Filippo per impegni di lavoro non riuscì a frequentare i monti assiduamente quanto me) sembrava a buon punto.  Sennonché quell’estate iniziò il bollettino di guerra: non passava giorno senza notizie di disastri in montagna, le condizioni del manto nevoso erano particolarmente instabili; proprio sul Monte Bianco morì un gran numero di alpinisti. Decidemmo così di rimandare all’anno successivo.

Anche l’anno successivo la meteorologia non ci favorì; infatti non riuscimmo a portare a termine nessun  4.000  e il Bianco non fu neanche tentato.

Come dicevamo all’inizio, i casi della vita a volte portano a perdersi di vista: bene, cambiano le persone ma non i sogni e talvolta incontri nuovi amici che condividono le tue stesse passioni.  Hans, fino a quel momento, aveva vissuto la montagna più da dentro che da fuori: infatti praticava assiduamente la speleologia.  Invece Chicco è il nostro “arrampicatore” di fiducia: il free-climbing è la sua passione.

Quando ho buttato lì l’idea del Monte Bianco, entrambi ne furono entusiasti e iniziammo a frequentare più possibile montagne in alta quota.  Assieme a Chicco portai a termine il facile Breithorn mt. 4.165 e tutti insieme salimmo in vetta al Castore mt. 4.225 (in quell’occasione riunimmo un bel gruppone di otto persone), ma purtroppo non riuscimmo a programmare l’agognato Monte Bianco in quanto l’altissima frequentazione della via normale francese (la più facile) porta a non trovare mai posto al rifugio Gouter. Noi telefonammo per prenotare ma ovviamente era già tutto pieno e fummo costretti a rimandare. 

In ottobre però, io e Hans in compagnia di Robinson, un altro amico presente anche sul Castore, riuscimmo a salire in vetta al Gran Paradiso mt. 4.061 dalla via normale che parte dal rifugio Vittorio Emanuele II; fu un magnifico fine settimana dal clima mite ma, a differenza del periodo estivo, c'erano pochissime persone. Una stupenda conclusione della stagione di camminate in quota.

 

 

Ricapitolando, dopo tutti questi anni non ero ancora riuscito nemmeno a fare un tentativo di avvicinamento alla vetta dell’imponente massiccio del Monte Bianco.  Per motivi di comodità tutte le uscite in alta quota le facemmo su altre montagne.   Solo una volta, diversi anni fa, salii in vetta al Petit Mont Blanc mt 3.424, facile “panettone” che si erge di fronte alla parete sud-ovest del Monte Bianco.

L’anno scorso varie vicende, tra cui la nascita del figlio di Hans, non ci permisero di programmare la salita all’ormai vagheggiata vetta.  Riuscimmo giusto a farci il Breithorn dove Chicco, che era stato fermo forzatamente per vari mesi a causa di un brutto mal di schiena, arrivò in vetta ormai esausto.

Ma veniamo ai tempi nostri: giugno 2001.  Il gruppo dei  “temerari del Monte Bianco”  si era ormai ridotto al sottoscritto e a Hans, in quanto Chicco si è dedicato solo alle arrampicate e gli altri “occasionali” con cui si era parlato della cosa, per un motivo o per l’altro decidono che non è il momento. Iniziamo così a organizzare seriamente la cosa: decidiamo di tentare l’impresa in stagione molto anticipata così da trovar posto in rifugio.  Decidiamo anche di fare un solo 4.000  di allenamento in quanto i tempi sono stretti (tra l’altro Hans si è anche sposato proprio la settimana prima del tentativo).

 Da questo momento comincia la serie di  “disavventure”:

·       Era indispensabile fare il  4.000  di allenamento in giornata per gli impegni sopra descritti (leggi: matrimonio), l’unico poteva essere il Breithorn, che grazie alla funivia di Cervinia che porta fino a Plateau Rosa a 3.400  mt.  rende la salita piuttosto veloce.  L’anno scorso salimmo ai primi di giugno nella prima giornata di apertura della funivia. Bene, quest’anno la funivia apre il 7 luglio!?!?!!

·        Mentre Hans si sollazza in Mar Rosso durante il suo viaggio di nozze, io telefono al rifugio Gouter e apprendo la notizia che il rifugio, che ha aperto da pochi giorni, è già tutto prenotato fino a settembre.

·        La vetta comincia a sfumare ma decidiamo comunque di partire per Courmayeur e di tentare la più impegnativa via normale italiana dal rifugio Gonella, sperando che prima di noi parta qualcuno così da seguire una traccia sicura.  Arrivati a Courmayeur apprendiamo che nessuno è ancora salito partendo dal Gonella (che tra l'altro era ancora chiuso).

·        Ci tengo a precisare che il giorno che siamo giunti alle pendici del Bianco è arrivata una perturbazione che ci ha bloccati a terra inondandoci di pioggia e grandine.  Ne abbiamo approfittato per parlare con una guida alpina che ci ha consigliato la salita in vetta partendo dal rifugio Des Cosmiques sempre dal versante francese, ma raggiungibile comodamente facendo la traversata dal rifugio Torino all’ Aiguille du Midì.  La salita era stata portata a termine da lui stesso con successo pochi giorni prima e, malgrado fosse più lunga della “normale”, non presentava grosse difficoltà tecniche tranne in pochi passaggi che avremmo valutato una volta in loco.

·        Le previsioni per il giorno dopo erano abbastanza brutte, ma a noi, a questo punto, interessava arrivare al rifugio Torino in funivia e da li fare la traversata o a piedi o, se la visibilità fosse stata scarsa, in funivia, pronti per partire il giorno successivo per il primo vero tentativo di salita alla “nostra” vetta.

·        Invece il tempo fu così brutto che la funivia non funzionò per tutto il giorno.

·        Ormai scoraggiati e demotivati dall’idea di passare un intero giorno sotto la pioggia (comunque non avevamo i giorni sufficienti per rimandare il tentativo) decidiamo di tornare a casa; per concludere in bellezza un incidente blocca completamente l’autostrada!

Così si conclude il nostro primo tentativo di salire sul Monte Bianco, ma almeno abbiamo raccolto un po’ di informazioni che ci saranno utili per programmare al più presto un altro tentativo.

                                                                       Magilla

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